Non cambiare

 

            Per anni sono stato un nevrotico. Ero ansioso,

            depresso ed egoista. E tutti continuavano a dirmi

            di cambiare. E tutti continuavano a dirmi

            quanto fossi nevrotico.

 

            E io mi risentivo con loro, ed ero d'accordo con loro,

            e volevo cambiare, ma non ci riuscivo,

            per quanto mi sforzassi.

 

            Ciò che mi faceva più male era che anche

            il mio migliore amico continuava a dirmi

            quanto fossi nevrotico.

            Anche lui continuava ad insistere che cambiassi.

 

            Ed io ero d'accordo anche con lui,

            e non riuscivo ad avercela con lui.

            E mi sentivo così impotente ed intrappolato.

 

            Poi, un giorno, mi disse: "Non cambiare.

            Rimani come sei. Non importa se cambi o no.

            Io ti amo così come sei; non posso

            fare a meno di amarti".

 

            Quelle parole suonarono come musica

            per le mie orecchie: 

            "Non cambiare. Non cambiare. Non cambiare...

             Ti amo".

 

            E mi rilassai. E mi sentii vivo.

            E, oh meraviglia delle meraviglie, cambiai!

 

            Ora so che non potevo cambiare davvero finchè

            non avessi trovato qualcuno che mi avrebbe amato,

            che fossi cambiato o meno.

 

            E' così che mi ami, Dio?

 

Tratto da: Il canto degli uccelli di De Mello 

Il mistero cristiano


I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini.

Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale.

La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri.

Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale.

Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera.

Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati.

Mettono in comune la mensa, ma non il letto.

Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne.

Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.

Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.

Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati.

Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere.

Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano.

Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti.

Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano.

Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita.

Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.

A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.


(Anonimo, II sec. Lettera a Diogneto, cap V)

Tratto da Educazione al Vangelo e vita quotidiana testo di formazione 2011-2012

LA VIGNA DEL PRETE Dl RIETI

25. In quello stesso periodo, Francesco a causa della sua malattia d'occhi soggiornò presso la chiesa di San Fabiano, non lontano da quella città, ospite di un povero prete secolare. Aveva allora residenza in Rieti il signore papa Onorio III con i cardinali. E molti di costoro e altri ecclesiastici, per riverenza e devozione verso Francesco, venivano a fargli visita quasi ogni giorno.

Possedeva quella chiesa una piccola vigna, che si estendeva vicino alla casa dove dimorava Francesco. Da una porta di questa quasi tutti i visitatori passavano nella vigna contigua, attirati sia dalla stagione delle uve mature, sia dall'amenità del luogo che invitava a sostarvi. Successe quindi che, a motivo di quel viavai, la vigna fu pressoché tutta messa a soqquadro: chi coglieva i grappoli e se li piluccava sul posto, chi li pigliava per portarseli via, altri calpestavano il terreno. Il prete cominciò ad agitarsi e protestare, dicendo: « Quest'anno il raccolto è perduto. Per quanto piccola, la vigna mi dava il vino sufficiente al mio bisogno ».

Sentito questo lamento, Francesco lo fece chiamare e gli disse: « Non star male e non agitarti! Ormai non possiamo farci niente. Ma confida nel Signore, che può riparare al danno per amore di me, suo piccolo servo. Dimmi: quante some hai fatto, negli anni di migliore raccolto?». Il sacerdote gli rispose: «Fino a tredici some, padre». E Francesco: «Coraggio, non contristarti più, non ingiuriare nessuno, non fare lamentele in giro, abbi fede nel Signore e nelle mie parole. Se raccoglierai meno di venti some, prometto di rifondertene io ». Il sacerdote si calmò e stette tranquillo.

E accadde per intervento di Dio che raccolse effettivamente non meno di venti some, come Francesco gli aveva promesso. Quel sacerdote ne rimase attonito, e con lui tutti gli altri che riseppero la cosa, e attribuirono il prodigio ai meriti del beato Francesco. In verità, la vigna era stata devastata; ma anche fosse grondante di grappoli, sembrava impossibile ricavarne venti some di vino.

Noi che siamo vissuti con lui, siamo in grado di testimoniare che quando diceva: « E' così », oppure: « Così sarà », avveniva sempre come aveva predetto. E noi molte cose vedemmo realizzarsi mentre era in vita e anche dopo la sua morte.

Tratto dalle Fonti Francescane (FF 1572)

La paura della sofferenza

Un grande elemento che costituisce impedimento all’abbandono fiducioso a Dio, è la presenza della sofferenza nella nostra vita personale come nel mondo che ci circonda, di tutte queste sfortune che sembrano contraddire le parole del Vangelo su Dio Padre, che prende cura dei suoi figli.

Dio permette delle sofferenze anche per coloro che si abbandonano a lui, lasciando che manchino di alcune cose, a volte in modo doloroso. In quale povertà ha vissuto la famiglia di Bernadette a Lourdes.

Questo non smentisce certo la parola di Dio. Il Signore potrà certo lasciarci mancare alcune cose – giudicate talvolta indispensabili agli occhi del mondo – ma non ci lascerà senza l’essenziale: la sua presenza, la sua grazia, e tutto ciò che necessita alla piena realizzazione della nostra vita secondo i suoi progetti su di noi. Se egli permette delle sofferenze, la nostra forza risiede proprio nel credere, come Teresa del Bambin Gesù, che Dio non permette delle sofferenze inutili.

Nell’ambito della nostra vita personale, come in quello della storia del mondo, dobbiamo essere convinti che Dio è tanto buono e potente da utilizzare in nostro favore tutto il male, qualunque esso sia, e tutte le sofferenze, per assurde ed inutili che possano sembrare. Di questo non possiamo averne alcuna certezza matematica o filosofica: possiamo solo fare un atto di fede. Proprio a questo atto di fede ci invita la proclamazione della resurrezione di Gesù, accolta come il segno della vittoria definitiva di Dio sul male.

Tratto da La pace del cuore di Jacques Philippe

Che fare quando abbiamo peccato?

 

Dobbiamo provare un dolore vivo per aver peccato, domandare perdono A Dio e supplicarlo umilmente di accordarci la grazia di non offenderlo più in un modo simile, prendere, se necessario, la risoluzione di confessarci appena possibile. Tutto questo però senza rattristarci, né scoraggiarci, bensì cercando di ritrovare al più presto la nostra pace e riprendendo normalmente la nostra vita spirituale come se nulla fosse successo. Prima ritroveremo la pace e meglio sarà! Progrediremo tanto di più in questo modo, che non innervosendoci contro noi stessi!

Quando cadiamo in una mancanza qualunque e siamo attanagliati dal turbamento, siamo spesso tentati di rallentarci nella vita di preghiera, di non prendere più, ad esempio, il nostro tempo abituale di adorazione silenziosa. Potranno anche passare diversi giorni prima di riprendere le nostre abitudini di preghiera. Questo è un grave errore, non è che falsa umiltà ispirata del demonio. Occorre invece non cambiare assolutamente nulla della nostra abituale pratica di preghiera. Dove potremo trovare la guarigione se non vicino a Gesù? I nostri peccati sono un pessimo pretesto per allontanarci da lui, perché più siamo peccatori più abbiamo il diritto di approssimarci a colui che ha detto:”Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. (Mt 9, 12-13).

Se aspettassimo d’essere giusti per avere una vita regolare d’orazione, potremmo aspettare a lungo. Al contrario, accettando di comparire davanti al Signore nel nostro stato di peccatori, riceveremo la guarigione e, poco a poco, saremo trasformati in santi.

 

Tratto da : La pace del cuore di Jacques Philippe  

Pregare

 

Per i Padri era essenziale che la preghiera fosse autentica: volevano cioè che ci fosse una perfetta corrispondenza tra disposizioni intime e atti esterni con le affermazioni e gli atteggiamenti della preghiera.

Abba Ireneo diceva:”Molti uomini, pregando, non pregano”, perché il loro cuore e la loro vita non sono in armonia con la preghiera. Questo era uno dei più grandi dolori dei Padri, diceva l’Abba Silvano:”Guai all’uomo che porta un nome più grande delle sue opere”, che ha il nome di monaco, di religioso, di uomo di Dio, senza averne la vita. La preghiera in altre parole deve sgorgare dal cuore prima di uscire dalle labbra, esige anima e corpo votati a Dio e non al mondo, impone opere conformi alla volontà di Dio; alcune volte non comporta nessun movimento delle labbra, ma esigerà sempre purezza e fervore di cuore. Essere autenticamente francescani implica armonia tra vita e preghiera. L’opera del francescano è essere fuoco, un fuoco tale che dove penetra, consuma.

Ad un fratello che si lamentava perché era oppresso da molte passioni, l’Abba Poemen disse:”Le passioni, figlio mio, non sono che triboli e spine, mettici il fuoco ardente della preghiera e dell’amore di Dio e le brucerai completamente”. E Abba Evagrio diceva di coloro che si scoraggiavano nella preghiera perché non riuscivano a pregare come volevano. Se non hai ricevuto ancora il carisma della preghiera o della Salmodia, ostinati e lo riceverai”.

Un altro monaco,molo zelante nella preghiera, si era addormentato. Il diavolo, seduto accanto al suo letto, diceva che si guardava bene allo svegliarlo perché quel monaco, una volta desto, si sarebbe messo subito a lodare dio e l’avrebbe cacciato. Satana teme la preghiera dei monaci e quella dei cristiani ferventi, sa che essa po’ annullare la sua azione. Senza paura di sbagliare possiamo applicare ai francescani quello che i Padri del deserto dicevano dei monaci: ”La preghiera è lo specchio del monaco”, del suo intimo, ella sua vita, del suo lavoro . Se il monaco non prega Dio, vuol dire che non si preoccupa di lui. Se lavora ma non prega, il suo lavoro ha già perso, o perderà presto l’impronta adoratrice necessaria perché sia un lavoro di Chiesa, spiritualmente costruttivo.

 

Tratto da Crescere per comunicare, testo di Formazione 2005-2007  

Seguitemi

 

Nella mentalità del nostro tempo, condizionato dal mito del progresso, è forte la presunzione di costruire da soli il proprio destino. Malgrado numerose esperienze fallimentari, rimangono in auge l'ottimismo etico di matrice illuminista e l'idolatria della scienza, della tecnica, dell'economia e della politica.

D'altra parte cresce un certo scetticismo, una diffidenza per le grandi affermazioni, le grandi speranze, i grandi progetti. Ci si rassegna a vivere alla giornata; ci si contenta di risultati frammentari e provvisori.

Gesù, con il suo messaggio, scuote sia la presunzione sia il pessimismo; suscita il coraggio audace dell'umiltà. Il suo è un invito a camminare dietro a lui, verso un futuro misterioso, dono gratuito e certo di Dio, non conquista solitaria e problematica dell'uomo.

Dio è già all'opera nella storia per preparare un mondo nuovo. Il fascino della buona notizia fa uscire dalle illusorie sicurezze e dalle paure; attrae i nostri passi su una strada difficile e imprevedibile, ma senz'altro carica di promesse, come quella dei primi discepoli.

Sulle rive del lago di Tiberiade quattro pescatori, Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, sono intenti al solito lavoro: aggiustano le reti, preparano le barche, sistemano il pesce da vendere. Si avvicina Gesù di Nàzaret, il giovane maestro che da poco ha cominciato a predicare per le strade della Galilea, e li chiama con autorità:"Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19). Ed essi lasciano mestiere e famiglia, il loro piccolo mondo; senza indugio vanno con lui, verso un futuro tutto da scoprire, ben lontani dall'immaginaree dove andranno ad approdare. 

 

Tratto da La verità vi farà liberi, nuovo Caterchismo degli adulti.     

Le parabole

 

Le parabole sono racconti simbolici, in cui il paragone fra due realtà viene elaborato in una narrazione.

Si tratta di un genere letterario che aveva precedenti nell'Antico Testamento, come ad esempio la severa parabola con cui il profeta Natan indusse a conversione il re David; ma Gesù lo impiega in modo estremamente originale.

Vi fa ricorso per lo più quando si rivolge a quelli che non fanno parte della cerchia dei discepoli: i notabili, le autorità, la folla dei curiosi.

Narra con eleganza piccole storie verosimili, ambientandole nella vita ordinaria, quasi a insinuare che il Regno è già all'opera con la sua potenza nascosta.

Ma ecco, nel bel mezzo della normalità, uscir fuori spesso l'imprevedibile, l'insolito, come ad esempio la paga data agli operai della vigna: uguale per tuttim, malgrado il diverso lavoro.

E' la novità del Regno, il suo carattere di dono gratuito e incomparabile.

Gesù fa apello all'esperienza delle persone. Invita a riflettere e a capire, a liberarsi dai pregiudizi.

Il suo punto di vista si pone in contrasto con quello degli interlocutori.

Ascoltando la parabola, costoro si trovano coinvolti dentro una dinamica conflittuale e sono costretti a scegliere, a schierarsi con lui o contro di lui.

Anzi, la provocazione risulterebbe ancor più evidente, se conoscessimo le situazioni originarie e concrete, in cui le parabole furono pronunciate.

La loro forza comunque è ben superiore a quella di una generica esortazione moraleggiante.

 

Il Regno di Dio è presente e futuro, umile e nascosto;

non sconvolge, ma valorizza

la realtà quotidiana;

sviluppa la sua efficacia silenziosamente,

come un piccolo seme

o un pugno di lievito;

esige da noi il coraggio della fede

e una paziente cooperazione.

 

Tratto da La verità vi farà liberi, nuovo Caterchismo degli adulti.    

Il Regno di Dio

 

Gesù non ha bisogno di spiegare a lungo in che cosa consista il egno di Dio che va annunciando: nel suo ambiente questa idea era già, per dir così, nell'aria, come fa intuire l'evangelista Luca con sobrie annotazioni: "il popolo era in attesa" (Lc 3,15); "credevano che il regno di Dio docesse manifestarsi da un momento all'altro" (Lc 19,11). Tale aspettativa era maturata in Israele durante una secolare esperienza storica, a partire dall'esodo.

Gesù si inserisce nel suo ambiente, inquieto e pieno di aspettative, con continuità e originalità. Il suo passaggio desta nella gente interesse, stupore, entisiasmo; a volte perfino un misterioso timore. Provoca in molti diffidenza, rifiuto ed ostilità. Non lascia però indifferente nessuno.

Il suo annuncio è che il regno di Dio non è più solo da attendere nel futuro; è in arrivo, anzi in quache modo è già presente. Viene in modo assai concreto, a risanare tutti i rapporti dell'uomo: con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose. Vuole attuare una pace perfetta, che abbraccia tutto e tutti. Al suo confronto l'esodo dall'Egitto e il ritorno da Babilonia erano solo pallidi presagi. Tuttavia il Regno non comporta nè il trionfo della legge mosaica, nè la rivoluzione nazionale, nè gli sconvolgimenti cosmici. Bisogna credere innanzitutto all'amore di Dio Padre, che si manifesta attraverso Gesù, e convertirsi dal peccato, che è la radice di tutti i mali.

E' sempre attuale, anche per noi oggi, la necessità di prepararsi ad accogliere il Regno, educando desideri e domande. Ogni anno, in particolare, la liturgia dell'Avvento ripropone l'attesa dell'Antico Testamento, culminante in Giovanni Battista, e i offre la grazia che dispone all'incontro con Dio.

 

Tratto da: La verità vi farà liberi, nuovo Catechismo degli adulti.

Convertitevi e credete

 

In Gesù, Dio Padre inaugura la sua nuova presenza nella storia e offre a noi la possibilità di entrare in un rapporto di comunione con lui.

Il suo regno non ha un carattere spettacolare; ama nascondersi nella semplicità delle cose ordinarie. E tuttavia possiamo farne l'esperienza subito, se lo accogliamo liberamente e attivamente.

Pe avere un raccolto soddisfacente, non basta che il seminatore getti il seme con abbondanza; occorre che il terreno sia buono. Il regno è interamente dono, ma ha bisogno della nostra cooperazione: la esige e la provoca nello stesso tempo. Dio non solo rispetta, ma suscita la libertà; non salva l'uomo dall'esterno, come fosse un oggetto, ma lo rigenera interiormente, e poi attraverso di lui rinnova la società e il mondo. La lieta notizia del regno di Dio che viene implica un appello: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). La nuova prossimità di Dio mediante Gesù rende possibile una radicale conversione.

onvertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di agire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti all'occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere. Significa liberarsi degli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi.

La decisione deve essere netta, senza riserve:"Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te... " (Mt 5,29).

Tuttavia Gesù conosce la fragilità umana e sa essere paziente.

Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l'armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva.

La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante che ha trovato una perla di gran valore, vende tutto quello che possiede per poterla comperare. Il discepolo che ha preso su di sè il "giogo" di Gesù, lo porta agevolmente, come un "carico leggero" (Mt 11,29-30).

Le rinunce, ceh Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.

 

Tratto da: La verità vi farà liberi, nuovo Catechismo degli adulti.  

Pagine 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 

Cerca nella BIBBIA
Per citazione
(es. Mt 28,1-20):
Per parola:

Per iscriverti alla nostra newsletter