Il raccoglimento

 

Entriamo in chiesa... il silenzio afferra il cuore. Qui Dio parla; il suo messaggio, senza parole, seenza il minimo suono, riempie lo spazio del cuore attento.

La chiesa è la casa della preghiera, la dimora del silenzio abitato: al di fuori della liturgia, tutt'alpiù ci si può permettere di bisbigliarvi..

Quando a Cristo venne domandato quale fosse il primo comandamento, senza esitare egli rispose :

"Il primo è : Ascola Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" (Mc 12, 29-30)

La preghiera, in fondo, non è altro che l'ascolto di Di. Per ascoltare bisogna saper tacere...

"Ascolta, Israele". Dio invita prima ad ascoltare. La vita interiore comincia quando si apre l'orecchio alla voce di Dio. Il primo comandamento non è quello dell'amore, ma quello dell'ascolto: amare qualcuno significa innanzitutto ascoltarlo, prima di dire "Amerai", Dio dice "Ascolta!".

Oltrepassare la soglia di una chiesa, significa entrare in Dio per mezzo del silenzio di un cuore attento. Ciò che è seminato nel silenzio, la fede lo metterà in pratica. "Ascolta, Israele.... Sii attento, la fine di obbedire".

Ascoltare non vuol dire sempre intendere. Dio non ci chiede di intendere, ma di apprendere ad ascoltare... Perchè? "Ascola.. Il Signore nostro Dio è l'unico Signore".

Il fondamento dellda fede ebraica è il monoteismo assoluto, ma lo Shemà dice esattamente "Il Signore è UNO". UNO non vuol dire "solo" ma "senza divisioni".

Adorare il Dio UNO permette all'uomo di ritrovare la sua propria unità. Quando con tutte le sue forze, le sue energie: ascolta, riconosce, ed ama Dio" egli è in "raccoglimento" che significa superare le proprie divisioni, le prorprie dispersioni, per divenire "uno". Amare Dio "con tutto il proprio essere" permette di unificare la propria vita "a immagine e somiglianza di Dio". 

Perchè is deve amare Dio? Perchè il Signore è il TUO Dio, tu gli appartieni, egli ti ha acquistato a prezzo del suo sangue: egli si è dato a te, perchè tu ti dia a Lui. Il Dio che vieni ad incontrare si offre a te, oggi, al fine di salvarti perchè ti ama.

Mettersi all'ascolto di Dio vuol dire trovare il cammino della bontà, prepararsi a seguirlo, a custodire la sua parola.. cominciando con il dire "si" a Lui, senza misura, senza limiti.

L'amore al quale ci invita, è quello dei bambini verso il padre.

Dio vuole essere amato come un papà o una mamma. L'ascolto silenzioso è la preghiera dei piccoli che attendono tutto dai loro genitori.

Entrando in una chiesa, faccio ritorno alla mia casa di famiglia per torvare la pace. Per questo mi segno con l'acqua benedetta, in ricordo del battesimo che mi ha reso figlio di Dio, e mi inchino davanti alla presenza di Gesù, mio fratello e mio Dio.

Oltrepassare la soglia di una chiesa è un invito a raccogliere il proprio essere disperso per gettarsi nelle braccia del Padre. l'amore esige il silenzio.

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

 

L'altare e il sacrificio

 

Nella penombra o in piena luce, il centro della chiesa è "abitato" dall'altare.

Questo non è un mobile, che si può spostare, ma una costruzione stabile attorno alla quale è costruita tutta la cattedrale. Esso rappresenta, in modo permanente ed inamovibile, il Cristo, pietra angolare della chiesa.

Come la chiave di volta, non trova il suo posto che nel colmo dell'edificio del quale assicura la coesione, così il Cristo è la pietra sulla quale riposa la solidità della storia, ma che non trova il suo posto che al termine, dopo l'Antico Testamento. Questa pietra angolare ha il suo senso nella costruzione di una chiesa fatta di "pietre vive". Per questo motivo, la consacrazione di una chiesa comporta prima quella dell'altare maggiore. Come le mani del nuovo sacerdote, come la fronte dei battezzati o dei confermati, la pietra d'altare è consacrata con l'unzione ed in seguito si fa bruciare su di essa l'incenso il cui profumo riempie la chiesa.

L'altare segna lo spazio nel quale Dio si manifesta per concludere un'alleanza.

Anche Mosè, dopo Noè, Abramo e Giacobbe, elevò un altare quando celebrò l'alleanza ai piedi del monte Sinai. Poi ne costruì uno portatlile, per la marcia attraverso il deserto, che si installava dentro la tenda dell'incontro, prefigurazione del tempio.

Giosuè dopo avere distrutti tutti gli altari eretti agli dei pagani, dopo aver attraversato il Giordano ne fece costruire uno "in pietre grezze, non lavorate dal ferro".

Il profeta Elia, ne costruì uno con dodici pietre per significare le dodici tribù d'Israele. Infine Davide elevò l'altare di gerusalemme l'addove suo figlio Salomone doveva costruire il tempio. 

Questo altare, vero "cuore" del tempio, è diventato il centro vitale della nazione santa.

Al centro del tempio, in occasione delle grandi cerimonie, i sacerdoti immolavano delle vittime sul'altare, e questi sacrifici riattualizzavano l'alleanza con Dio. L'altare nonera una "mensa", ma l'unico luogo dove poteva essere offerto il sacrificio.

Nel Nuovo Testamento, l'altare rappresenta Gesù Cristo, altare ed agnello immolato e sempre vivo.

Tutta la Chiesa si unisce al sacrificio redentivo di Cristo che intercede per essa finchè dura la storia. Non è dunque soltanto la sua persona che è significata dall'altare, ma la sua azione in favore degli uomini, per questo motivo cinque croci, che rappresentano le piaghe della passione, sono incise sulla pietra dell'altare.

Cristo è la "pietra", come Dio è la "roccia" cantata da Mosè. Questa pietra sulla quale si compie il mistero della nostra salvezza evoca quella della tomba dove venne deposto e resuscitò il santissimo corpo di Cristo. Le tovaglie che vi si stendono rammentano il sudario e i panni, in particolare il "corporale", il cui nome significa "tessuto per il corpo".

Venerando l'altare, baciandolo, all'inizio ed al termine della messa, il sacerdote adora il Cristo nella sua passione e nella sua risurrezione. E' dunque auspicabile che nelle vicinanze sia eretto un crocifisso. E come in questo luogo si realizza l'alleanza nuova ed eterna, è là che gli sposi firmano il registro al termine della cerimonia del matrimonio.

Perchè sull'altare si offriva una volta il sangue degli animali e oggi si offre quello di Cristo? Dio è il creatore, il padrone della vita, non gli si può offrire niente in cambio del dono della vita. L'uomo non può donare la vita: egli può soltnto trasmetterla o distruggerla, essa è dunque ciò che c'è di più sacro.

L'offerta del sangue significa il desiderio di donare se stessi. E' un culto di sostituzione perchè nessuno può decidere della propria vita e della propria morte: il ascrificio perfetto non potrebbe essere il suicidio.

I kamikaze o i terroristi sono dei fanatici, non dei santi. Il martirio, invece, è un dono di Dio; i santi non rinnegano la vita, accetteno la morte per fedeltà a Cristo, perchè egli è la vita.

Essendo la sua persona nello stesso tempo umana e divina, la croce è espressione visibile di ciò che egli è nel mistero trinitario: un'offerta perfetta al padre che lo genera eternamente.

Il mistero pasquale di morte e risurrezione espicita, nel tempo, l'eterno amore del Dio trinitario. Il figlio unico divenuto uomo è la sola vittima capace di salvare definitivamente quelli che si uniscono a lui mediante la fede. Avvicinandosi all'Altare per comunicarsi, ogni battezzato si unisce a Gesù nella fede, non donando la propria morte, ma consacrando la propria vita. 

Quando la storia sarà compiuta, nella gerusalemme celeste, non ci sarà più l'altare, perchè la presenza, il faccia a faccia colmerà i fedeli. La contemplazione si sostituirà al sacrificio: la comunione sarà realizzata.

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

 


I gesti nella liturgia

 

Il corpo partecipa alla preghiera e la rebde visibile. Durante la liturgia, le posizioni esprimono differenti atteggiamenti del cuore.

In piedi

Ben piazzato sulle sue gambe, l'uomo veglia, attento e deciso. Ne,Antico Testamento, il popolo era invitato a mangiare la Pasqua in piedi, in tenuta da pellegrino, pronto a mettersi in marcia. Esso adotta questa posizione per concludere l'alleanza o per confessare i suoi peccati.

Alzarsi in piedi in presenza di un personaggio importante è un segno di rispetto, e un segno di ascolto attento E' anche una posizione di preghiera: "Azaria, alzatosi, fece questa preghiera" (Dn 3,25), questa posizione è quella del sacerdote che intercede.

Seduti 

Stare seduti non isgnifica essere fiacchi, ma tenere bil prorpio corpo, con la colonna vertebrale diritta, affinchè stia a lungo in guardia; questa posizione è anche quekka dell'autorità, assisa su un trono.

Gesù privilegiava questa posizione quando si rivolgeva alle folle.

Sedersi è uno stato di riposo che permette di ricevere o tenere un discorso che esige una prolungata attenzione.

Prostrati

Faccia a terra, l'uomo si prostra per adorare, per chiedere un favore o per sottomettersi all'autorità.

Questo atteggiamento, frequente nella Bibbia, è proibito davanti agli idoli.

Nella liturgia latina, questa posizione è utilizzata il venerdì Santo per manifestare la propria spogliazione, o al momento delle ordinazioni, in segno di abbandono nelle mani di Dio.

Il più semplice inchino è una forma usuale di venerazione.

In ginocchio 

Mettendo le sue ginocchia per terra, il credente si pone in una posizione di inferiorità, come se non potesse più stare in piedi tanto il timore di Dio lo assale. Così Mosè quando Dio gli apparve sul monte Sinai "si curvò in fretta fino a terra e si prostrò" (Es 34,8).

Gesù, nell'angoscia del giardino degli Ulivi, "inginocchiatosi, pregava" (Lc 22,41).

La genuflessione non è un gesto biblico, ma ha un bel simbolismo. Viene proabbilmente dall'epoca medioevale, quando i soldati in armi, non potendo inchinarsi o mettersi in ginocchio a causa del peso dell'armatura, mettevano un solo ginocchio a terra per potersi rialzare. E' un atto di omaggio al proprio sovrano, al prorpio signore, in uno spirito cavalleresco di fedeltà ed obbedienza.

 

Durante la celebrazione, il sacerdote mette le sue mani il due posizioni che caratterizzano il suo ruolo di intermediario tra Dio e gli uomini.

Mani alzate verso il cielo

Il sacerdote lòza le mani verso il cielo quando invita alla preghiera. Esse allora sono diritte, tese verso l'alto, parallele l'una all'altra.

Egli indica così un movimento dal basso verso l'alto. In questo momento il popolo deve alzarsi per rispondere all'invito : "Preghiamo".

Mani tese orizzontalmente

Inl sacerdote stende le mani orizzontalmente quando invoca lo Spirito, indicando così un movimento dall'alto verso il basso: la grazia si riversa sulle offerte per santificarle o sulle persone per benedirle. I fedeli devono essere allora in posizione d'adorazione davanti alla grazia che discende, dunque in ginocchio.

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

 

I paramenti

 

L’alba (il camice)

 

Durante le celebrazioni, il sacerdote indossa una tunica bianca, come quella di Cristo al momento della trasfigurazione, o quella degli angeli al momento della resurrezione.

Questo è l’abito del Figlio dell’Uomo descritto dal profeta daniele, e quello degli angeli nelle visioni di Ezechiele. Secondo il Libro del Levitino, la tunica di lino bianco è l’abito sacerdotale.

L’abito bianco è simbolo della giustizia che il Cristo ci ottiene con il suo sangue, lui, la Verità che ci rende liberi.

Il bianco, in effetti, è simbolo di purezza e di verità: “lavami e sarò più bianco della neve” (Sal 51, 9). La purezza è vivere senza menzogna, senza doppiezza di cuore. La verità non esiste in modo astratto, ma nei cuori. L’alba (la veste bianca) del battesimo è un invito ad imitare Cristo in tutte le azioni e tutte le decisioni.

 

Il cingolo

 

Generalmente l’alba è stretta intorno alla vita da una cintura (cingolo). Nella Bibbia, avere “la cintura ai fianchi” significa essere pronti, raccogliere le proprie forze, essere attenti. La cintura separa ciò che è in alto e ciò che è in basso, stabilisce una gerarchia nell’organizzazione delle energie vitali. Poiché le reni sono il luogo della forza sessuale, mettere la cintura significa voler consacrare tutte le proprie energie al servizio di Dio nella purezza.

Paolo scrive agli Efesini: “state dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità”. (Ef 6,14)

 

La stola

 

Sull’alba, il sacerdote indossa la stola, simbolo del sacerdozio, giogo dell’obbedienza messo sul collo del servitore. Indossando la stola, il sacerdote si mette totalmente a disposizione del suo Signore, per portare il fardello del servizio apostolico. Il diacono la pone su una spalla soltanto per metterla in diagonale.

 

La pianeta (casula)

 

Viene quindi la pianeta: questo ornamento non è tanto il grembiule di servizio, quanto la tunica reale e sacerdotale che manifesta, con la sua bellezza, la dignità del sacerdozio di Cristo.

 

I colori della pianeta e della stola

 

Il colore della pianeta indica il significato della celebrazione.

 

Il bianco è la luce pasquale, la gioia del Natale, delle grandi feste dell’anno.

 

Il rosso, colore dell’amore, annuncia lo Spirito, la croce gloriosa, gli apostoli ed i martiri, che hanno sigillato la loro testimonianza con il sangue.

 

Il viola indica la purificazione progressiva, la quaresima, la confessione, le esequie.

 

Il verde è il colore del tempo ordinario, della vita e della speranza, che sono le virtù del cristiano che attende il ritorno del Signore.

 

L’oro infine, colore della risurrezione, del sole, della gloria di Dio, può essere utilizzato in tutti i tempi e sostituirsi agli altri paramenti. I magi, esperti di simboli, offrirono al Bambino Gesù questo prezioso metallo per significare la sua regalità eterna, perché esso non si altera mai e risplende come il sole.

 

Questi cinque colori simbolici si trovano nell’Apocalisse nelle immagini di pietre e metalli preziosi:

Dio “era simile nell’aspetto a diaspro (verde) e a cornalina (rosso)”, davanti a lui si estende “un mare trasparente simile a cristallo (bianco)”. L’ametista (viola) forma il dodicesimo e ultimo fondamento della città santa. Infine, la Gerusalemme celeste è tutta “d’oro e la piazza della città è id oro puro”; abitata dalla gloria di Dio ella emana un verde “di diaspro cristallino”.

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

Lo schema della messa

 

La messa è una sola grande preghiera che conduce dall’ascolto alla missione mediante la comunione: le sue due parti, la liturgia della Parola e quella del Sacramento, sono due ‘mense’ complementari e inseparabili alle quali il popolo si nutre, si potrebbe dire che queste sono i due piatti di portata di un medesimo banchetto.

 

L’introduzione

 

Dopo l’accoglienza iniziale, che riprende un saluto degli apostoli, la celebrazione comincia con una confessione dei peccati perché solo un atteggiamento umile permette alla grazia di riempire i cuori: come ci si puliscono i piedi prima di entrare in casa, così si riconosce la propria miseria prima di entrare in dialogo con Dio.

La Bibbia contiene parecchie confessioni pubbliche : la liturgia penitenziale di Neemia, quella di Gioele e i Salmi 74, 79, 83.

“Confessare la propria miseria, è confessare la misericordia di Dio”, dice Sant’Agostino.

Il “Signore pietà”, caro alla preghiera orientale, riprende l’umile supplica del pubblicano rimasto in fondo al tempio, che Gesù indica come modello della preghiera gradita a Dio. Davanti al suo Signore, l’uomo non ha nient’altro da ripetere che “Abbi pietà di me, peccatore”. Questa invocazione di aiuto del povero, consapevole della sua dipendenza, fa sgorgare zampilli di grazia.

 

Dopo aver domandato perdono, il cuore è liberato per cantare la lode di Dio.

Il Gloria è il canto degli angeli al momento della nascita del Salvatore: la chiesa della terra si associa alla liturgia celeste.

“Gloria a Dio [..] io vi annuncio una grande gioia, una buona novella per tutto il popolo” disse l’angelo della natività: riconoscendosi peccatore, l’uomo diviene capace di ricevere questa “buona novella”, il Vangelo, Parola divina d’amore.

Nella seconda parte della messa, la chiesa si unirà ancora al coro degli angeli per cantare il Sanctus altro canto angelico, che Isaia sentì quando contemplò la Gloria di Dio del tempio.

La colletta “raccoglie” l’attenzione del cuore, dà il tono della liturgia. Essa è generalmente un’antica preghiera della chiesa di Roma, del quaro o del quinto secolo, sempre rivolta al Padre, per il Figlio, nello Spirito , perché “per mezzo di lui (cristo Gesù) possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

Lo schema della messa

 

 

La liturgia della Parola

 

Dopo l’introduzione vengono le letture: Dio si rivolge al suo popolo: un brano tratto dall’Antico Testamento, un salmo, un testo delle lettere apostoliche, il canto dell’Alleluia e il vamgelo; l’omelia commenta questi testi, ai quali l’assemblea risponde con la professione di fede e la preghiera universale.

 

Ogno Domenica, il testo dell’Antico Testamento è scelto in funzione del vangelo del giorno, del quale il salmo è come l’eco cantata.

La seconda lettura, presa dalle lettere degli apostoli, è continua di domenica in domenica. Non ha un rapporto intenzionale, tranne che nei giorni di festa, con il vangelo.

Tra i due “Alleluia” un versetto focalizza l’attenzione sul tema principale del Vangelo.

Alleluia” significa “Lodate Dio” e il canto invita a lodare la Parola di vita che sta per essere proclamata.

Dopo il Concilio Vaticano II, i vangeli sono letti in modo continuo durante il tempo ordinario, secondo un ciclo di tre anni (A, B e C), affinché siano letti tutti per intero: A è l’anno di Matteo, B quello di Marco e C quello di Luca. Durante il tempo pasquale, si legge il vangelo di Giovanni, come gli Atti degli Apostoli nella prima lettura e l’Apocalisse nella seconda.

L’avvento e il tempo di Natale riprendono ogni anno l’annuncio del ritorno di Gesù e i preparativi della sua prima venuta.

Anche la quaresima segue un ciclo particolare, sempre in funzione degli anni.

 

L’omelia “spezza il pane della Parola” per aiutare i fedeli ad assimilarla; mette in rilievo l’illuminazione reciproca dei testi, ne trae un insegnamento e la applica alla vita quotidiana.

E’ seguita da un tempo di silenzio affinché la Parola ricevuta risuoni nei cuori.

 

La professione di fede è la risposta dell’assemblea alla Parola, l’affermazione della sua adesione alla fede della chiesa universale diffusa nel tempo e nello spazio.

I testi utilizzati risalgono ai primi tempi della chiesa: quello detto “degli Apostoli” riprende la confessione battesimale della chiesa di Roma del secondo secolo, mentre l’altro, più lungo e accettato da tutti i cristiana, è stato redatto all’epoca dei concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381).

 

La preghiera universale è la ripresa pregata dell’insegnamento tratto dalle letture: la Parola suscita una supplica rivolta a Dio perché si incarni la sua volontà. Generalmente comprende un’intercessione per la chiesa, una per il mondo intero, una per la comunità riunita, una per i malati ed una per i defunti.

 

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

Lo schema della messa-3

 

 

La liturgia del Sacramento

 

Con l’offertorio, il popolo porta all’altare i frutti della sua vita. Gli ebrei offrivano le primizie della loro terra e i primogeniti delle greggi a Dio, fonte di ogni bene, a lui consacravano la decima dei loro raccolti.

Queste offerte materiali sono il segno di un impegno spirituale; è la propria vita che si offre attraverso il dono, come la povera vedova del Vangelo (Mc 12,41-44). Mettendo due piccole monetine nel Tesoro del Tempio, questa donna non diede soltanto “ciò che aveva per vivere” ma “tutta la sua vita”. Offrire la propria vita significa consacrare a Dio le proprie gioie e i propri dolori e rinnovare la propria decisione di vivere fedelmente le promesse del proprio battesimo.

La goccia d’acqua versata nel calice rappresenta questo impegno che unisce il cristiano al sacrificio di Gesù.

Il gesto, fatto nello stesso momento, della questua, passa sovente inosservato. Eppure rivela tutto il senso delle nostre offerte materiali; il dono di ciascuno simbolizza la sua unione alla generosità di Cristo. La questua dunque è una partecipazione all’offerta compiuta sull’altare.

Dopo aver presentato i doni e prima di offrire il sacrificio di Cristo, il sacerdote si lava le mani domandando a Dio di purificarle. Gesto di cui parlano i Salmi: “Lavo nell’innocenza le mie mani e giro attorno al tuo altare, Signore” (Sal 26,6; 73,13).

 

Il prefazio che segue l’offertorio introduce la preghiera eucaristica.Esso invita a “rendere grazie” a Dio per i suoi benefici, dunque a “fare eucaristia”.

La preghiera eucaristica non è una recita teatrale di ciò che ha fatto Gesù, ma un atto liturgico durante il quale il sacerdote si rivolge a Dio. Non si tratta di “mimare” l’ultima cena, pronunciando le parole di Gesù, non si rompe subito il pane e non lo si distribuisce, come ha fatto lui; si tratta piuttosto di fare memoria della salvezza che egli ci ha dato vivendo volontariamente la sua passione.

Dopo l’invocazione dello Spirito da parte del sacerdote, perché realizzi la presenza di Gesù nel pane e nel vino, e quindi il racconto della cena, il popolo risponde al “mistero della fede” confessando la morte, risurrezione e il ritorno del Signore. Il sacerdote riprende e sviluppa questo memoriale della salvezza domandando a Dio che quanto si è compiuto sull’altare si realizzi anche nella chiesa.E’ una invocazione dello Spirito sulla chiesa, corpo di Cristo, alla quale sono uniti i ministri sacri, i fedeli tutti, vivi e defunti, che costituiscono un’unica chiesa.    

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

 

Lo schema della messa-4

 

 

Prepararsi a ricevere il Cristo

 

La preparazione alla comunione incomincia con la preghiera che Gesù ha insegnato agli apostoli: in sua presenza, noi osiamo pregare Padre nostro. Certamente non “con” gesù, perché egli non ha pronunciato la preghiera con i suoi discepoli, ma ha detto: “Quando voi pregate, dite: Padre nostro”, e più tardi ha precisato “Vado al Padre mio e Padre vostro”.

Noi siamo figli attraverso l’Unico, e non alla stessa maniera di lui. Noi “osiamo” dunque chiamare Dio “Padre”, secondo la maldestra traduzione di una frequente espressione degli Ati degli Apostoli: “Agire con coraggio”. Perché la fede in Gesù dà un “coraggio” che vince ogni timore nei rapporti con Dio e gli uomini.

Segue una preghiera che ricorda che i cristiani, dalle origini, vivono nell’attesa del ritorno glorioso.

La risposta, dice a Dio: “Tuo il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli”.

A differenza di tutte le precedenti preghiere che sono rivolte al Padre, l’ultima è rivolta direttamente al Figlio: egli è là sull’altare, e noi gli parliamo prima di riceverlo; gli domandiamo il dono della pace con le sue parole :”Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli ‘vi do la mia pace’”. Questa pace che viene da Cristo, la comunità la condivide con un gesto simbolico. Questo gesto di pace, dato al vicino occasionale, significa il nostro desiderio di riconciliazione con tutti coloro che potrebbero essere arrabbiati con noi, o verso i quali noi abbiamo un risentimento

Poi il popolo canta l’Agnello di Dio rivolto a Gesù, mentre il sacerdote fraziona il pane.

Questo momento chiave della celebrazione è spesso trascurato dal momento che il segno della pace trattiene l’attenzione. Eppure in questo istante, il Cristo si offre al suo corpo che è la chiesa: egli è diviso in vista della comunione. E’ un gesto simbolico caratteristico della liturgia primitiva, dove un solo pane è diviso, affinché tutti non ne formino che uno solo.

In Occidente, per comodità, si è introdotta l’abitudine di fare delle piccole ostie, perdendo un simbolo fondamentale, non resta che la frazione dell’ostia grande, veloce e poco visibile; ma in Oriente ancora oggi, è a partire dallo stesso pane che sono preparate le particole date a ciascuno.

Con questi tre gesti, la messa riassume le grandi tappe della vita di Cristo: incarnazione, sacrificio e resurrezione. L’unità del mistero è manifestata da tre genuflessioni, da tre adorazioni. Il sacerdote ed i fedeli devono genuflettersi per adorare tre azioni divine inseparabili: la consacrazione delle offerte, che diventano corpo e sangue di Cristo eoca l’incarnazione, la frazione del pane significa l’offerta di se stesso compiuta da Cristo, ed infine la comunione è il momento in cui si realizza l’unione di ciascuno all’unico corpo offerto per tutti.

Per invitare alla comunione, il sacerdote ricorda le parole di Giovanni Battista: “Ecco l’Agnello di

Dio che toglie i peccati del mondo”.

Il popolo risponde con le parole del centurione venuto a domandare a Gesù la guarigione del suo servo: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola ed il mio servo sarà guarito”.

La comunione è l’adesione di tutto l’essere alla Parola che è Gesù stesso;egli si dona a colui che si offre a lui. Per mezzo di Gesù, noi entriamo anche in comunione gli uni con gli altri; la processione manifesta questa unità, la chiesa in pellegrinaggio verso il suo Dio.

Come ha ricevuto nel suo cuore la Parola proclamata, la comunità adora ora la Parola fatta carne.

Questa Parola non diviene colui che la riceve, ma lo trasforma: chi accoglie l’eucaristia diviene corpo di Cristo.

La benedizione finale e l’invio dei fedeli nel mondo ricordano che la messa non è una parentesi nella vita. Essa ne è il cuore, un cuore che batte, attirando senza sosta i credenti e rinviandoli, portatori di colui che hanno ricevuto, non per loro stessi, ma per tutti gli uomini.   

 

Tratto da: La messa spiegata a tutti di Pierre Dumoulin

 

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