S.Stefano : una sanguinosa risposta d'amore

 

Il giovane diacono si accosta al presepio di Gesù e, in nome di tutti i Martiri che lo seguiranno nell'eroica testimonianza di Cristo, offre la sua vita in contraccambio d'amore. 

 

Servizio del fratelli poveri

 

    La Chiesa ci riporta ai primi giorni della sua vita, ricordandoci l'attività di uno dei primi diaconi della Chiesa Madre di Gerusalemme. Stefano era uno degli uomini che gli Apostoli avevano designati per provvedere alla cura dei poveri. Questo compito,come ci dicono gli Atti, era delicato e difficile, richiedeva molto tatto e molta pazienza: non facilmente i poveri restano contenti. In questa attività Stefano si preparò a compiti assai più difficili.

 


Coraggio nel parlare

 

     L'eco dell'opera di Stefano non potè rimanere a lungo nella stretta cerchia della comunità cristiana. "Sorsero allora alcuni della sinagoga detti dei "liberti" comprendente anche Cirenei, Alessandrini ed altri della Cilicia e dell'Asia, a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava" (At 6,9-10).

Vinti in polemica, passano alle armi della menzogna.

"Perciò sobillarono alcuni che dissero: Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al Sinedrio." (At 6, 11)

Stefano difese la sua fede, tracciando le linee maestre della storia d'Israele dal tempo dei Patriarchi fino ai suoi giorni. Dimostra eloquentemente come Dio ha condotto con bontà e forza il suo popolo all'incontro com Cristo e come il popolo ha risposto rifiutandosi e mostrandosi ingrato. I Giudei, che l'hanno tratto al Sinedrio, sono i diretti discendenti di questi antichi ostinati. Stefano li smaschera con parole di fuoco: "O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponeste resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri Padri così anche voi. Quale dei Profeti non hanno perseguitato i vostri padri?"

 

Morte eroica

 

   Il racconto degli Atti si chiude con queste parole: "All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui.. Proruppero allora in grida altissime, turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo.. mentre pregava e diceva: 'Signore Gesù accogli il mio spirito'.poi piegò le ginocchia e gridò forte "Signore non imputar loro questo peccato" Detto questo morì "(At 7, 54-60).

Aveva servito cristo nei fratelli bisognosi, lo aveva difeso con coraggio davanti agli avversari, ora gli attesta fedeltà e amore sotto la tempesta dei sassi che lo uccidono.

Questoeè evro amore: il giovane diacono preso a sassate è come Gesù sulla croce. L'amore fa dire a tutti e due: "Padre perdona!".

 

Tratto da Con San francesco davanti a Dio di fr. Bernardin Goebel

 

 

 

Significato e potenza di un Nome

 

Secondo l'uso dell'Antico Testamento, nell'ottavo giorno dalla nascita, con la circoncisione si imponeva il nome al bambino. Al Figlio di Maria fu dato il Nome di Gesù.

 

Presso gli Ebrei era diritto esclusivo del padre imporre il nome al bambino. Anche il Padre celeste si riservò questo diritto e per mezzo di un Angelo ordinò a Maria ed a Giuseppe: "Gli porrai nome Gesù" (Lc 1,31; Mt 1,21).

  I nome che Dio impone indicano la missione di coloro che li ricevono. Così il capostipite del popolo eletto fu da Dio chiamato "Abraham" cioè "padre di molte genti". Anche il nome di Gesù ha un grande significato.

  - Gesù vuol dire "Jahwè è salvezza, Dio salva". Parecchi, prima di gesù portarono questo nome; ma nessuno come lui ne realizzò il grandissimo significato, poichè in lui Dio stesso si è reso visibile. Il suo Nome quindi esprime la natura umana e divina del Salvatore.

  - Il nome "Gesù" esprime anche la missione affidata al Figlio di Dio: "Lo chiamerai Gesù, perchè egli salveà il suo popolo dai suoi peccati. Questo nome gli fu imposto della Circoncisione, più tardi questo nome sarà posto sulla croce, nelle tre lingue più note del mondo, ad indicare l'universalità dell Redenzione.

 

Come nome del Redentore, quello di Gesù ha una forza divina, che opera sul corpo e sull'anima dell'uomo, domina i segreti della natura ed il mondo dei demoni. "Gesù, Figlio di Dio, sei venuto a tormentarci innanzi tempo?", gridavano tremando gli spiriti maligni, ed uscivano dagli ossessi.

Dice Pietro innanzi al Sinedrio: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro Nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati". Fu tanto lo sgomento che ne presero i nemici di Gesù che "intimarono agli Apostoli di non parlare più a persona alcuna in nome di Lui". Essi invece continuarono a portarlo "dinanzi ai popoli, ai re ed ai figli d'Israele"; in virtù di questo nome operarono miracoli e prodigi; in questo nome battezzarono; con questo dolce nome sulle labbra morirono.

Così continua a fare la Chiesa fino ai nostri giorni. Essa annuncia a tutto il mondo il Nome di Gesù, rimette i peccati e santifica, benedice e consacra. E quando i suoi figli partono dalla terra, essa li benedice e li accompagna dicendo "Parti, anima cristiana, nel Nome di gesù Cristo Figlio di Dio vivo, che per te è morto in croce". 

 

Tratto da Con San francesco davanti a Dio di fr. Bernardin Goebel

 

 

Iconografia degli evangelisti

 

"In mezzo al trono ed attorno al trono vi erano quattro esseri vibenti, pieni d'occhi avanti e dietro. Il primo vivente era simile ad un leone; il secondo vivente era simile ad un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto di un uomo; il quarto vivente era simile ad un'aquila che vola" (Ap 4,6-7).

La visione di Giovanni riportata nell'Apocalisse ed ispirata dal libro di Ezechiele (ez 1,4-11), ha dato vita ad un ricco patrimonio figurativo, legando l'immagine dei quattro cherubini a quella dei quattro evangelisti.

Fin dalle origini del cristianesimo, i catecumeni, nella quarta settimana di Quaresima, erano iniziati al significato simbolico del tetramorfo, che circonda in cielo il trono del Sovrano universale, formato dai quattro esseri viventi, ciascuno con sei ali costellate di occhi. Questa immagine, oltre che alla celebre visione di Ezechiele, rimanda anche alla simbologia babilonese del cielo e delle costellazioni del toro, del leone, dell'aquila e dell'uomo. I Padri della Chiesa in seguito, hanno messo in relazione questi quattro esseri viventi con i quattro evangelisti, ed anche l'arte figurativa da allora ha fatto altrettanto.

 

Nelle opere d'arte cristiane più antiche, gli evangelisti sono paragonati ai quattro fiumi del Paradiso terrestre e raffigurati come corsi d'acqua che sgorgano da una roccia, interpretata come la roccia che Mosè aveva percosso con la verga per farne sgorgare l'acqua con cui ristorare il popolo assetato; la roccia come modello di cristo, unica fonte di vita eterna. 

I quattro fiumi di cui parla gen 2,11-14 (Pison, Ghicon, Tigri, Eufrate) scorrono verso i quattro punti cardinali e per questo gli esegeti medievali li hanno associati simbolicamente agli evangelisti poichè, come gli uni portano agli uomini l'acqua di vita terrena, così gli altri trasmettono la parola di Dio per la vita di fede, recando la dottrina di Cristo ai quattro angoli della terra. Durante il Medioevo i fiumi sono rappresentati sui capitelli di molti edifici romanici. talvolta i quattro fiumi sgorgano dal monte sul quale è posto cristo o l'Agnello ed essi dissetano i fedeli rappresentati sotto forma di corvi. Dal II secolo sono le quattro figure animate della visione di Ezechiele e di Giovanni ad essere lette come il simbolo degli evangelisti, secondo le diverse interpretazioni dei Padri della Chiesa. La spiegazione e distribuzione degli attributi risale a San Girolamo e con Gregorio Magno diviene fissa; nella tradizione e nell'arte figurativa cristiana vengono attribuite ai quattro evangelisti le immagini simboliche in relazione agli incipit dei rispettivi vangeli, e così:

Matteo ha l'uomo perchè il suo libro inizia con la genealogia di cristo, il Dio incarnato.

Marco ha il leone perchè inizia con la predicazione di Giovanni Battista, "una voce che grida nel deserto".

Luca ha il toro, che come il vitello e la giovenca è un animale sacrificale, perchè il suo vangelo inizia con il sacerdote Zaccaria ed il suo rito sacrificale.

Giovanni ha l'aquila, perchè il suo vangelo parla della divinità del Logos ed egli si eleva nelle regioni più alte e sublimi della conoscenza, come l'aquila si innalza in volo verso il sole, unico animale che può guardare direttamente la sua luce.

 

Tratto dall'articolo Arte e liturgia di Micaela Soranzo su Vita pastorale 2009


      

Iconografia degli evangelisti  -2-

 

La raffigurazione di questa simbologia non comincia prima del IV sec.; infatti begli affreschi delle catacombe, sui rilievi dei sarcofagi e sui vetri con fondo dorato non ritroviamo mai questo motivo.E' in questo modo, invece, che gli evangelisti appaiono spesso nei mosaici: dalla chiesa di Santa Prudenziana a Roma, al mausoleo di Gallia Placidia a San Vitale a Ravenna, a San Satiro a Milano. Celebri rappresentzioni del tetramorfo si trovano anche nella basilica di San Marco, a Monreale, sul portale di Moissac e sul portale regio di Chartres, ma anche in numerose miniature, come nell'Apocalisse carolingia di Treviri. Vi sono poi miniature ed affreschi che mostrano gli evangelisti durante il loro lavoro du scrittura ispirata a cui vengono aggiunti i quattro esseri, per lo più alati: poichè Cristo è il soggetto del messaggio trasmesso dai vangeli, anche il tetramorfo può essere globalmente il simbolo di Cristo.

Ireneo di Lione afferma che:" come è il piano salvifico di Dio, così anche la figura degli esseri viventi [...]. La prima figura è il leone: questo contradistingue l'energico, il principesco, il regale. Il secondo è il toro: questo manifesta la posizione di cristo nel rito del sacrificatore e come sacerdote. Il terzo ha il viso d'uomo: in questo mostra chiaramente la parusia come uomo. Il quarto è simile ad un'aquila che vola: il questo esprime il dono del pneuma che scende sull'ecclesia".

Il un Evangelario del XIV sec. invece si legge: "Questi quattro animali simboleggiano Cristo Signore: egli è uomo nella nascita, toro nella morte sacrificale, leone nella resurrezione, aquila nell'ascesa al cielo".

Abbiamo dunque, nella visione del tetramorfo, riassunte le tappe fondamentali della vita di Cristo: l'uomo simboleggia l'incarnazione, il toro la crocifissione, il leone la risurrezione e l'aquila l'ascensione.

 

Tratto dall'articolo Arte e liturgia di Micaela Soranzo su Vita pastorale 2009

 

Iconografia degli evangelisti  -3-

 

L'immagine del tetramorfo ha un ruolo preminente anche nelle raffigurazioni del Cristo Pantocrator sui timpani di numerose cattedrali romaniche e gotiche; spesso questa iconografia accompagna la figura di Cristo seduto in Maestà dentro la mandorla che regge il libro ed è circondato dagli evangelisti a mezzo busto e dagli animali che li rapppresentano. Talvolta il leone, il bue e l'aquila poggiano le zampe sul rispettivo vangelo, mentre la figura umana lo tiene tra le mani. Molto più raramente gli evangelisti sono rappresentati da  esseri ibridi, con corpo umano e testa animale. Il Beatus di Gerona presenta i quattro esseri ibridi con le ali e in mano il libro dei vangeli, mentre le ruote del carro divino stanno ai loro piedi. L'aggiunta delle ali alle immagini simboliche è diventata successivamente una caratteristica propria dei simboli degli evangelisti , tanto che troppo spesso si legge ancche su testi scolastici di religione o su sussidi per la caechesi che il simbolo di Matteo è l'angelo e non l'uomo alato, confondendo le due diverse nature degli esseri ed impedendo una corretta interpretazione del simbolo, di cui si è detto sopra.

Oltre che con immagini simboliche gli evangelisti sono stati rappresentati anche in figura, coiè con sembianze umane. Matteo e Giovanni, che fanno aprte del collegio degli apostoli, sono rappresentati come dei vegliardi, mentre Luca e marco, che non hanno conosciuto il Signore, hanno l'aspetto di giovani uomini. Anche la rappresentazione "in figura" mostra però alcune varianti.

Sono numerosi, infatti, i casi in ci sono ritratti come scribi intenti a redigere il proprio vangelo appoggiati su cattedre o seduti in sontuosi troni entro studioli. Nel tardo Medioevo si moltiplicano questi esempi, che hanno origine dall'affresco di Cimabue nel transetto della basilica superiore di Assisi, in cui sono distribuiti nelle quattro vele della volta e hanno un carattere decisamente più umano rispetto agli esempi più antichi: Matteo e giovanni sono rappresentati più anziani di Luca e Marco e hanno quindi una barba bianca, mentre i loro simboli animali assumono un aspetto quasi domestico. Talvolta gli evangelisti sono rappresentati come quattro angeli, a due o sei ali, riconoscibili da una scritta con il nome o preferibilmente dal rispettivo simbolo posto ai loro piedi; le loro ali sono decorate con piccoli occhi, come descritto da Ezechiele e fra le mani reggono il libro del vangelo.     

 

 Tratto dall'articolo Arte e liturgia di Micaela Soranzo su Vita pastorale 2009

 

Iconografia degli evangelisti  -4-

 

L'arte medievale associa frequentemente agli evangelisti le figure dei grandi profeti e dei dottori della Chiesa; nel primo caso sono addossati alle spalle dei quattro profeti principali (Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele) che rappresentano i loro precursori nel'Antico Testamento; nel secondo caso, i quattro Padri della Chiesa (Agostino, Ambrogio, Girolamo, Gregorio Magno) siedono in cattedra variamente abbinati ali evangelisti.

Al di là dei diversi modi di rappresentare gli autori dei vangeli, c'è da fare una riflessione su dove sono stati e continuano ad essere raffigurati: forse sarebbe più semplice dire dove non sono presenti le immagini più o meno simboliche degli evangelisti. Infatti li ritroviamo su calici e reliquiari, sulle copertine degli evangelari e su moltissimi altri oggetti legati alla celebrazione eucaristica. All'interno dell'edificio di culto sono affrescati sui pennacchi e sulle vele, ma soprattoutto li troviamo presenti sulla maggioranza degli amboni esistenti nelle nostre chiese, sia antiche che moderne, in riferimento al loro essere annunciatori della parola di Dio.

In molti amboni, l'aquila che regge il libro fa parte della composizione realizzata dai quattro simboli degli evangelisti che emerge dal piano della parete decorata e istoriata con scene cristologiche. In tale composizione l'aquila sta sulla sommità e sorpassa la cornice del parapetto della loggia dell'ambone. Talvolta al di sotto dell'aquila vi è il simbolo di Matteo: l'uomo alato sta in piedi, alto quanto il parapetto dell'ambone e tiene in mano il libro o un rotolo che scende fino alle ginocchia, come nell'ambone del duomo di Cagliari. A destra e a sinistra di matteo i simboli di Luca e marco spesso completamo la composizione. L'abbinamento tra l'aquila di Giovanni e l'uomo di Matteo vuol mettere in evidenza la duplice natura del cristo; il prologo di uno ne sottolinea la divinità, mentre il prologo dell'altro, attraverso la genealogia del Messia, sottolinea l'umanità.

Una tipologia molto diffusa in Umbria dagli inizi del Duecento, ma presente anche altrove, come per esempio nella cattedrale di Brema, è quella che vede i simboli degli evangelisti sulla facciata della chiesa, disposti ai quattro angoli dell'ideale quadrato in cui si iscrive il rosone. La disposizione più comune è quella che vede in alto a sinistra matteo, a destra Giovanni, gli apostoli, e in basso Marco e Luca, i discepoli. E' chiaro che si è di fronte ad un programma iconografico preciso: il rosone è, per la su aforma circolare e per la sua diafania, un elemento teofanico, esplicitato talvolta dalla presenza al centro del volto di Cristo e dall'immagine dell'Agnus Dei, e gli evangelisti che formano il quadrato, degno della terra, ponendosi al limite fra realtà terrestre e mondo celeste, indicano il diffondersi della parola di Dio in tutto il mondo, che viene così salvato e santificato.  

       

 Tratto dall'articolo Arte e liturgia di Micaela Soranzo su Vita pastorale 2009

 

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